Maxi inchiesta della guardia di finanza di Padova. Nella rete del sodalizio criminale anche la società amaranto allora guidata dal presidente Giorgio Heller

Un avvocato di 71 anni iscritto al foro di Padova e residente in città in carcere, un sessantenne di Abano anch'egli dietro le sbarre, due squadre di calcio toscane tra le truffate nella stagione 2020-2021: si tratta dell'Arezzo e dell'As Livorno calcio, all'epoca dei fatti nelle mani di Heller, Aimo, Carrano, Mariani fino al liquidatore Gherlone, protagonisti in negativo di una gestione scellerata che portò di fatto al fallimento della società amaranto rinata poi con Toccafondi con il nome della vecchia Unione Sportiva. Sono questi alcuni dei punti di una maxi indagine della Finanza con numeri impressionanti come riporta PadovaOggi. Nello specifico, finanzieri del comando provinciale di Padova, sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, hanno eseguito mercoledì scorso 19 giugno un provvedimento del tribunale di Padova che ha disposto undici misure cautelari personali: tre indagati sono finiti in carcere tra cui l'avvocato padovano, un residente di Abano terme, un terzo di Benevento, quattro agli arresti domiciliari, tre con obblighi di dimora nel comune di residenza e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L'attività ha portato al sequestro di beni per 3,5 milioni di euro nei confronti dei componenti di un sodalizio criminale, che, almeno dal 2021, ha truffato cittadini italiani ed esteri procurando fideiussioni ritenute false o utilizzando in maniera fraudolenta un istituto di diritto anglosassone denominato escrow agreement o deposito fiduciario.
La truffa ai danni dell'As Livorno Calcio
Anche l'As Livorno Calcio, dunque, era finito nella loro rete. Tanto che per iscriversi al campionato 2020/2021 di Lega Pro dovette sostituire la fideiussione stipulata con una banca inglese (Winter Bank, ndr) per un importo totale di circa 900 mila euro respinta appunto dalla Lega. Dalle indagini della Finanza, ecco dunque emergere il ruolo del "sodalizio criminale" che avrebbe truffato la società amaranto "procurando fideiussioni ritenute false o utilizzando in maniera fraudolenta un istituto di diritto anglosassone denominato escrow agreement o deposito fiduciario". Contestualmente alle misure cautelari, le fiamme gialle hanno eseguito decine di perquisizioni nelle province di Benevento, Bergamo, Cremona, Firenze, Foggia, Milano, Padova, Torino e Venezia, con il coinvolgimento di altri reparti del Corpo territorialmente competenti.
La denuncia e il gioco delle parti
Le indiagini sono partite in un modo quantomeno insolito: da una denuncia di estorsione presentata da un uomo che in realtà, in seguito, è riusltato uno dei principali indagati, ritenuto dagli inquirenti il "promotore dell’ipotizzata attività illecita". "L’organizzazione criminale - spiega la Guardia di Finanza -, dopo aver individuato una platea di imprenditori e investitori dotati di solvibilità e fondi nel contesto internazionale, bisognosi di ulteriori risorse finanziare per avviare progetti talvolta anche milionari, sfruttava una società finanziaria anglosassone, caratterizzata da un’importante patrimonializzazione dovuta al possesso di centinaia di milioni di dollari di titoli di Stato belgi, per fornire loro garanzia di solvibilità da spendere nei confronti di primari istituti di credito". Tali istituto, a fronte di garanzie così importanti, avrebbero erogato ingentissimi finanziamenti.
Il meccanismo era tale che le vittime venivano indotte, tramite un "reclutatore" appartenente all'organizzazione, a rivolgersi a un legale, che avrebbe svolto il ruolo di escrow agent. L'avvocato però, una volta ricevuta la somma a titolo di cauzione da parte dei depositanti, che in alcuni casi sarebbe arrivata a diversi milioni di euro, la divideva con i complici eseguendo una serie di bonifici su conti correnti esteri accesi in Estonia, Germania e Regno Unito. L'obiettivo, spiegano le Fiamme gialle, era quello di "riciclaggio e autoriciclaggio" con condotte "tese a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle provviste".
Quando le vittime capivano che le garanzie, che la società londinese avrebbe dovuto fornire loro, tardavano ad arrivare, chiedevano chiarimaenti all’escrow agent. Ma l'avvocato, per non restituire le somme trattenute, fingendo fino in fondo il suo ruolo da mediatore, intraprendeva azioni giudiziarie nei confronti delle competenti Autorità per l’inadempienza del beneficiario d’oltremanica. Non solo il Livorno era finito nel mirino dell'organizzazione criminale. Anche l'Arezzo e il Novara erano stati truffati nello stesso periodo. Le società cercavano garanzie finanziarie per l’iscrizione al campionato di Lega Pro e si erano rivolte ai sedicenti professionisti. Salvo poi dover correre ai ripari. Con l'indagine della procura di Padova la banda è stata sgominata.
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