Così...trovato in un libro sul risorgimento che nulla ha a vedere con Livorno, però si trova/trovava sempre la maniera di farsi riconoscere


Avevano ancora impresso i moti del '48, quando fecero scappare da Livorno, il Granduca Leopoldo, proclamando un governo cittadino autonomo.
Tutto documentato in questo libro qui che consigliai tempo faBadabozzi ha scritto: ↑ven 7 lug 2023, 20:27 Non si sa(non so)se sia leggenda o meno, ma qualche giorno prima, gruppi di livornesi andarono a Firenze a fare casino perché i fiorentini volevano la restaurazione.
Nell'articolo che lessi, e che parlava di questo episodio, furono paragonati a dei novelli black-block.
19=L=15 ha scritto: ↑mer 11 mag 2022, 14:54 Per chi interessato consiglio questo:
https://www.ibs.it/nessuna-bandiera-bia ... 8889530771
Buon 11 maggio!
Molto belloFabio ha scritto: ↑mer 9 ago 2023, 8:59 Silvia Finzi: “La Tunisia che salvò noi ebrei toscani ora è preda del razzismo contro i neri”
Erede di una famiglia rifugiata a Tunisi nel 1829, ha fondato e dirige il Corriere di Tunisi: "I tunisini sono aperti e accoglienti, ma i subsahariani sono diventati il capro espiatorio di una grave crisi economica”
In quel groviglio di stradine, dove il quartiere del Kram si allunga verso il mare, ci sono alcune case antiche dai giardini fioriti, dove un tempo abitavano i Cardoso, i Levi, i Moreno. Erano gli ebrei toscani di Tunisi. “Sono rimasta solo io”, dice Silvia Finzi, 68 anni. La sua famiglia giunse da Livorno su queste spiagge nel lontano 1829.
Link: https://www.repubblica.it/esteri/2023/0 ... ref=search
A partire da questo articolo, ho voluto approfondire di più su questa famiglia Livornese; Nencio mi ha dato una mano a trovare del materiale di più di 10 anni fa!
Elia Finzi e la Tunisia
Domenica 16 settembre, a 85 anni, ci ha lasciati Elia Finzi, storico direttore del Corriere di Tunisi, il giornale in lingua italiana (l’unico rimasto nel mondo arabo) che guidava dal 1963. Nonostante i problemi di salute non aveva mai lasciato la direzione della testata, contribuendo a raccontare la Tunisia contemporanea con un particolare interesse per la recente rivoluzione dei gelsomini. Il mondo dell’informazione italiana all’estero ha perso un punto di riferimento, un uomo che ha rappresentato per la nostra comunità a Tunisi un pilastro e una guida insostituibile. Oltre a dirigere il giornale, su cui firmava in ogni numero l’editoriale “Nostri problemi”, Finzi è stato presidente del Comites e uno dei fondatori della FUSIE (Federazione Unitaria della Stampa Italiana all’Estero).
Il primo numero del Corriere venne dato alle stampe nel 1869, per poi essere chiuso durante il protettorato francese (1881-1956). Un silenzio lungo, dovuto anche alla volontà delle autorità coloniali francesi di vietare qualsiasi pubblicazione in lingua italiana. Il Corriere di Tunisi, dal marzo del 1956, anno in cui fu rifondato dal padre Giuseppe, non ha più interrotto le pubblicazioni, sebbene la comunità italiana si sia fortemente ridotta e nonostante le difficoltà economiche che a più riprese ne hanno messo a dura prova l’esistenza.
“Elia Finzi ha creduto sino all’ultimo nel dialogo tra le culture, tra i popoli, tra le persone. Ha lottato tutta la sua vita per mantenere viva la collettività italiana in Tunisia, dandogli una voce, quella del giornale, e crediamo che per lui e per noi oggi più che mai sia necessario assicurarne la continuità”. Questo è il messaggio inviato dalla redazione del Corriere e dai figli Silvia, docente universitario, e Claudio, più addentro all’attività di conduzione della tipografia di famiglia, pronti a raccogliere il testimone. Una storia che di parole, di ricordi e di menzioni ne meriterebbe tante.
Il mio incontro con Elia Finzi
Ero a Tunisi da poche settimane, nel mese di luglio dello scorso anno, quando mi recai in Rue de Russie per presentarmi all’Ambasciatore italiano e informarlo sulla presenza della nostra missione di osservazione elettorale in vista delle storiche elezioni tunisine previste nell’ottobre successivo.
All’ingresso della strada, venendo dalla stazione dei treni, di fronte al filo spinato che circonda la nostra ambasciata, mi ritrovai innanzi alla vetrina dell’“Imprimerie Finzi, fondata nel 1829”. Aveva chiuso da pochi minuti. Sbirciai dall’esterno. Qualche giorno dopo tornai, catturato dall’odore delle stampe che emanava dalle macchine tradizionali di un tempo. Entrai. Alle spalle delle due impiegate tunisine, sulla sinistra, una scala di meno di dieci gradini portava all’ufficio del signor Elia, che intanto si affacciò. Con la voce roca e il corpo affaticato: parlava lentamente, sorrideva facilmente. Mi presentai e mi permisi qualche domanda sulla storia sua e della sua famiglia e sulla Tunisia. La prima risposta fu facile: “la storia della mia famiglia la si può trovare sui libri”.
Album di famiglia
Giulio Finzi si trasferì da Livorno a Tunisi dopo il fallimento dei moti carbonari del 1820-21 a cui partecipò. Sbarcò nella Reggenza di Tunisi insieme ad altri profughi provenienti da vari stati italiani. Ben accolti dall’Autorità beylicale, ebbero un ruolo importante nella modernizzazione dello Stato tunisino. Avevano una formazione laico-democratica e contribuirono alla creazione di infrastrutture, tra cui tipografie, ospedali, banche, scuole laiche e militari. Nonostante si trovassero a volte in contraddizione con le autorità, considerati di matrice “eccessivamente liberale”, furono incoraggiati a stabilirsi in modo definitivo in Tunisia, dove la famiglia Finzi continuò a risiedere anche dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia.
Giulio Finzi, rilegatore di professione, nel 1829 aprì la prima tipografia privata in Tunisia. Inizialmente aveva sede nella Medina, in un lato del Palazzo Gnecco, celebre per aver ospitato la sezione di Tunisi della “Giovane Italia” di Giuseppe Mazzini e, per un breve periodo, nel 1838, Giuseppe Garibaldi. Dopo l’avvento del protettorato francese, la tipografia Finzi si spostò nella “città nuova”, in Rue de Russie. Nel 1956, con l’indipendenza della Tunisia, i Finzi ottennero finalmente l’autorizzazione a pubblicare “Il Corriere di Tunisi”, non concessa dai francesi.
Oltre ai lavori di stampa, la famiglia di Elia Finzi è stata ideatrice, con l’Ambasciata d’Italia, di un progetto di recupero della memoria italiana in Tunisia attraverso l’edizione di volumi che trattano alcuni tra i temi più significativi della storia della collettività, tra cui “Memorie italiane di Tunisia” e “Mestieri e professioni degli Italiani di Tunisia”. Fino al secondo dopoguerra gli italiani in Tunisia erano circa 80 mila, mentre oggi sono meno di 10 mila. Nel 2001 Elia Finzi e il figlio Claudio hanno aperto una nuova tipografia nella zona industriale di Tunisi, la Finzi Usines Graphiques, a scala più industriale e maggiormente corrispondente alle ultime innovazioni tecnologiche, mantenendo la storica sede in Rue di Russie.
…e la Tunisia?
Per la seconda questione, rimandammo ad un’altra occasione. Era quasi ora di pranzo, il signor Elia stava per rientrare a casa e la sua condizione non gli permetteva di restare in bottega più di quanto facesse. E da allora passavo a salutarlo tutte le volte che mi recavo in ambasciata o in centro città. Ogni occasione significava apprendere qualcosa sul tempo che viviamo, sul contesto tunisino e sul sentimento di molti italiani residenti all’estero: un po’ stranieri, molto italiani. Significava riflettere sulla buona accoglienza ricevuta dagli italiani che fuggivano alle conseguenze dei moti ottocenteschi e sulla morte e il rigetto che incontrano i tunisini e gli altri maghrebini che vengono da noi a cercare la loro primavera. Ma di Elia Finzi colpiva, ad oltre ottant’anni, la volontà di innovare, di percorrere nuove strade, di aprire ponti e dialogo con i giovani.
Qualche settimana prima di lasciare la Tunisia, andai a trovarlo (e intervistarlo) insieme all’amico Peppe Provenzano. Fu un incontro di circa due ore durante il quale si aggiunsero sua moglie Lea prima, e poi Emanuela con il nostro piccolo Claudio, che aveva appena dieci mesi e incontrava la Storia.
Intervista con Elia Finzi, Tunisi, 12 novembre 2011
(dal reportage di Provenzano pubblicato sull’inserto del Riformista di domenica 8 gennaio 2012)
Link: https://www.ilpost.it/michelecamerota/2 ... a-tunisia/