Paolo Silvestri
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255 presenze in maglia amaranto, altro livornese vero, altro grande Campione del passato.
Alfredo Pitto
LIVORNO. La leggenda racconta di una mezza rivoluzione in città, di un’assemblea disperata e di una colletta da due lire. Storie di un altro calcio, storie di novant’anni fa.
Tra Livorno e Bologna, tra uno scudetto e la Nazionale.
È il mito di Alfredo Pitto, uno dei più grandi giocatori livornesi del secolo amaranto.
La saetta con i libri.
Nato nel 1906 e scomparso nel ‘76 a Milano, iniziò come centravanti ma venne quasi subito spostato a centrocampo.
Partì nella sua Livorno, dove giocò dal ’22 al 27’, tornando poi a fine carriera, quando conquistò la promozione in Serie A nel ’37 con Mario Magnozzi in panchina.
Pitto, da ragazzo, era anche una promessa dell’atletica leggera: nel 1926 fu infatti campione italiano, tra gli Allievi, correndo i 100 metri in 11 secondi e 2 centesimi.
Scelse poi il pallone e, con 11'' netti, diventò presto il calciatore più veloce dell’epoca. Esuberante, spavaldo e… studioso. Sì, perché Alfredo era iscritto all’Università.
Quella cessione…
Il Livorno, nel 1927, entrò in una profonda crisi economica.
E i dirigenti amaranto furono costretti a vendere i pezzi pregiati.
Ma Pitto non era uno qualunque, così ci fu “un'assemblea al Cinema Margherita – raccontano le cronache dell’epoca – durante la quale si decise di fare una colletta.
Il ricavato avrebbe impedito la partenza di Alfredo, ma vennero raccolti pochi spiccioli.
E lui, dopo pochi giorni, venne ceduto al Bologna. Per 20mila lire. Per sostituire, sulla sinistra, lo sfortunato Alberto Giordani, ucciso dalla meningite. Per entrare nella storia.
Perché Pitto sbarcò in Nazionale, con la quale conquistò la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam del ’28, e vinse lo scudetto nel ’29, entrando subito in sintonia con il tecnico austriaco Felsner.
Che nel ‘31 seguì nella neonata Fiorentina, convinta ad acquistarlo per 200mila lire, dieci volte di più rispetto a quanto lo aveva pagato il Bologna quattro anni prima.
Una plusvalenza incredibile, una delle prime nella storia del calcio italiano. Pitto andò poi all’Inter, prima di rientrare a Livorno e chiudere a Seregno, in Brianza, nel 1938.
Ah, si racconta che una volta, a Parigi con la Nazionale universitaria, salì in tribuna durante una partita per regolare i conti con qualche tifoso.
Come? Con quella ghigna che servirebbe oggi…
https://iltirreno.gelocal.it/livorno/sp ... 1.11136339
Giovanni Busoni
Giovanni Busoni (1913-1973), livornese di nascita arriva a giocare nel Livorno nel 1933 al posto dell'ungherese Nekadoma.
Nel 1934 venne convocato in nazionale da Pozzo.
Grande centravanti degli anni Trenta, in due anni nel Livorno segna 37 goal, prima di essere venduto al Napoli insieme ad Uslenghi per una cifra astronomica per quel tempo, circa 250.000 lire.
Busoni fu protagonista dell'inaugurazione dello stadio attuale, per la precisione l'8 ottobre 1933, quando il Livorno alla quinta giornata del campionato di serie A affrontò la Fiorentina.
Davanti a 10.000 persone, grazie soprattutto ad una doppietta di Busoni, la Fiorentina fu sconfitta per 3 a 0.
Quell'anno Busoni segnò 26 reti e divenne vicecannoniere in serie A.
Il suo ultimo goal in amaranto lo segnò al Brescia l'anno seguente, il 12 maggio 1935.