No il Pomezia la partita di andata ha rifiutato la richiesta di giocare la sera sia alle 19 che alle 21 comunque siamo a metà di giugno e infatti proprio per questo non vengo laggiù perché si scoppia dar caldo
Pomezia-Livorno
- Pippoamaranto87
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Re: Pomezia-Livorno
E non ci interessa dove giocherai alza gli occhi e ci saremo noi 
Re: Pomezia-Livorno
Articolo meraviglioso scritto sulla pagina Masochismo Amaranto dell'amico Daffodil
https://www.facebook.com/masochismoamar ... 517914431/
Da un articolo del masochista più fedele, Gabriele B :
Pomezia è un comune italiano di 61.276 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Si tratta di una città di fondazione nel periodo fascista, che prevedeva la costruzione a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, l'ufficio postale, la scuola) e così via.
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. Non seguivo la squadra della mia città da tanto tempo. L'ultima volta in trasferta ero in Francia, uno dei viaggi di ritorno più belli di sempre (sì, anche più bello di Piacenza). Io che avevo vissuto svariati viaggi di ritorno inquietanti, sempre in bilico tra la scomodità e l'amarezza. Ne ricordo tre su tutti. Un lunedì sera di ritorno dallo stadio Conero di Ancona e al mattino successivo con il compito di matematica alla prima ora, un viaggio intero a dormire nel bagno di un treno regionale di ritorno da Genova perché sprovvisto di biglietto e la nave in balia delle onde che da Palermo puntava incerta verso il porto di Livorno.
Pomezia dista circa 330 chilometri da Livorno e il problema della trasferta non è mai l'andata in particolar modo se indossi la sciarpa amaranto al collo. Il problema è come sopravvivere al ritorno. Questo lo devi tenere sempre ben presente. La mia penultima partita vista dal vivo è stata un “Clasico” del campionato argentino Boca-River nella "12", il settore dei tifosi del Boca, allo stadio “Alberto José Armando”, meglio noto come La Bombonera. In realtà non ho visto un solo minuto di partita, cantavo e saltavo e cantavo ancora contro le “galline” bianco rosse: "River decime que se sienteeeeeeeee ...”. Dopo questa esperienza mistica nel tempio del Sommo Poeta Diego Armando Maradona, pensavo che non avrei mai più avuto il coraggio di salire ancora una volta i vecchi gradoni del Picchi. Mi sbagliavo. Livorno – Tau è entrata nella mia vita come una calamità naturale. Abbiamo perso, manco a dirlo. Ecco dopo Boca – River partita persa terribilmente, mi sono bastate un paio di birre per buttarmi alle spalle quella sonora sconfitta. Dopo Livorno – Tau avevo bisogno urgente di un bravo psicologo. Almeno mi sono ricordato cosa vuol dire tifare Livorno. E tifare Livorno è bellissimo.
Tra pochi giorni ci giochiamo la serie D. Lo so, messa così pare più una punizione che una conquista ma dopo essere stati pugnalati alle spalle dal killer con l'impermeabile giallo possiamo chiamarla una delle più grandi conquiste della storia amaranto.
Un campionato che si doveva vincere con il sigaro in bocca e i piedi in bagnasciuga e che invece si è trasformato come nelle migliori tradizioni nel girone dell'inferno dantesco. Perché se ti chiami Livorno puoi perdere in casa con Figline e Tau agli spareggi promozione, perché se ti chiami Livorno di facile nella vita non avrai niente, nemmeno se giochi al "gabbione" contro i pensionati dei Bagni Lido puoi stare tranquillo. Forse è questo che mi spinge a tifare Livorno, il doversi conquistare tutto, il fatto che nessuno ti regala niente e la costante impressione di essere una squadra di operai con l'ansia di un rinnovo contrattuale. Non importa la categoria, tifare Livorno è la massima rappresentazione teatrale di com'è dura e a volte ingiusta la vita.
Dicono che è solo un gioco, dicono che il calcio è per persone superficiali. Possono avere anche ragione. Ma come potrei spiegare cosa si prova a stare in mezzo alla curva senza aver letto almeno una volta Moby Dick e immedesimarsi nel capitano Achab? Oppure trovare le parole per descrivere l'amore per la maglia così simile alla storia tra Luis Sepúlveda e sua moglie Carmen Yáñez? O ancora come spiegare cosa significa realizzare il sogno di un riscatto sociale così simile alle righe scritte da Eduardo Galeano?
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. È solo una delle tante partite di calcio, è solo eccellenza. Eppure sento qualcosa dentro, un qualcosa che nemmeno lo stadio più bello del mondo è riuscito a farmi sentire. Sì, perché quella era soltanto una partita.
Questo è amore.
Questa è eccellenza.
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Da un articolo del masochista più fedele, Gabriele B :
Pomezia è un comune italiano di 61.276 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Si tratta di una città di fondazione nel periodo fascista, che prevedeva la costruzione a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, l'ufficio postale, la scuola) e così via.
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. Non seguivo la squadra della mia città da tanto tempo. L'ultima volta in trasferta ero in Francia, uno dei viaggi di ritorno più belli di sempre (sì, anche più bello di Piacenza). Io che avevo vissuto svariati viaggi di ritorno inquietanti, sempre in bilico tra la scomodità e l'amarezza. Ne ricordo tre su tutti. Un lunedì sera di ritorno dallo stadio Conero di Ancona e al mattino successivo con il compito di matematica alla prima ora, un viaggio intero a dormire nel bagno di un treno regionale di ritorno da Genova perché sprovvisto di biglietto e la nave in balia delle onde che da Palermo puntava incerta verso il porto di Livorno.
Pomezia dista circa 330 chilometri da Livorno e il problema della trasferta non è mai l'andata in particolar modo se indossi la sciarpa amaranto al collo. Il problema è come sopravvivere al ritorno. Questo lo devi tenere sempre ben presente. La mia penultima partita vista dal vivo è stata un “Clasico” del campionato argentino Boca-River nella "12", il settore dei tifosi del Boca, allo stadio “Alberto José Armando”, meglio noto come La Bombonera. In realtà non ho visto un solo minuto di partita, cantavo e saltavo e cantavo ancora contro le “galline” bianco rosse: "River decime que se sienteeeeeeeee ...”. Dopo questa esperienza mistica nel tempio del Sommo Poeta Diego Armando Maradona, pensavo che non avrei mai più avuto il coraggio di salire ancora una volta i vecchi gradoni del Picchi. Mi sbagliavo. Livorno – Tau è entrata nella mia vita come una calamità naturale. Abbiamo perso, manco a dirlo. Ecco dopo Boca – River partita persa terribilmente, mi sono bastate un paio di birre per buttarmi alle spalle quella sonora sconfitta. Dopo Livorno – Tau avevo bisogno urgente di un bravo psicologo. Almeno mi sono ricordato cosa vuol dire tifare Livorno. E tifare Livorno è bellissimo.
Tra pochi giorni ci giochiamo la serie D. Lo so, messa così pare più una punizione che una conquista ma dopo essere stati pugnalati alle spalle dal killer con l'impermeabile giallo possiamo chiamarla una delle più grandi conquiste della storia amaranto.
Un campionato che si doveva vincere con il sigaro in bocca e i piedi in bagnasciuga e che invece si è trasformato come nelle migliori tradizioni nel girone dell'inferno dantesco. Perché se ti chiami Livorno puoi perdere in casa con Figline e Tau agli spareggi promozione, perché se ti chiami Livorno di facile nella vita non avrai niente, nemmeno se giochi al "gabbione" contro i pensionati dei Bagni Lido puoi stare tranquillo. Forse è questo che mi spinge a tifare Livorno, il doversi conquistare tutto, il fatto che nessuno ti regala niente e la costante impressione di essere una squadra di operai con l'ansia di un rinnovo contrattuale. Non importa la categoria, tifare Livorno è la massima rappresentazione teatrale di com'è dura e a volte ingiusta la vita.
Dicono che è solo un gioco, dicono che il calcio è per persone superficiali. Possono avere anche ragione. Ma come potrei spiegare cosa si prova a stare in mezzo alla curva senza aver letto almeno una volta Moby Dick e immedesimarsi nel capitano Achab? Oppure trovare le parole per descrivere l'amore per la maglia così simile alla storia tra Luis Sepúlveda e sua moglie Carmen Yáñez? O ancora come spiegare cosa significa realizzare il sogno di un riscatto sociale così simile alle righe scritte da Eduardo Galeano?
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. È solo una delle tante partite di calcio, è solo eccellenza. Eppure sento qualcosa dentro, un qualcosa che nemmeno lo stadio più bello del mondo è riuscito a farmi sentire. Sì, perché quella era soltanto una partita.
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Re: Pomezia-Livorno
Bellissimo.
I NON tifosi del Livorno non sanno cosa vuol dire essere tifosi del Livorno. Per questo non sanno cosa si perdono.
I NON tifosi del Livorno non sanno cosa vuol dire essere tifosi del Livorno. Per questo non sanno cosa si perdono.

Re: Pomezia-Livorno
Applausi a scena aperta.il masochista ha scritto: ↑ven 17 giu 2022, 11:17 Pomezia è un comune italiano di 61.276 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Si tratta di una città di fondazione nel periodo fascista, che prevedeva la costruzione a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, l'ufficio postale, la scuola) e così via.
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. Non seguivo la squadra della mia città da tanto tempo. L'ultima volta in trasferta ero in Francia, uno dei viaggi di ritorno più belli di sempre (sì, anche più bello di Piacenza). Io che avevo vissuto svariati viaggi di ritorno inquietanti, sempre in bilico tra la scomodità e l'amarezza. Ne ricordo tre su tutti. Un lunedì sera di ritorno dallo stadio Conero di Ancona e al mattino successivo con il compito di matematica alla prima ora, un viaggio intero a dormire nel bagno di un treno regionale di ritorno da Genova perché sprovvisto di biglietto e la nave in balia delle onde che da Palermo puntava incerta verso il porto di Livorno.
Pomezia dista circa 330 chilometri da Livorno e il problema della trasferta non è mai l'andata in particolar modo se indossi la sciarpa amaranto al collo. Il problema è come sopravvivere al ritorno. Questo lo devi tenere sempre ben presente. La mia penultima partita vista dal vivo è stata un “Clasico” del campionato argentino Boca-River nella "12", il settore dei tifosi del Boca, allo stadio “Alberto José Armando”, meglio noto come La Bombonera. In realtà non ho visto un solo minuto di partita, cantavo e saltavo e cantavo ancora contro le “galline” bianco rosse: "River decime que se sienteeeeeeeee ...”. Dopo questa esperienza mistica nel tempio del Sommo Poeta Diego Armando Maradona, pensavo che non avrei mai più avuto il coraggio di salire ancora una volta i vecchi gradoni del Picchi. Mi sbagliavo. Livorno – Tau è entrata nella mia vita come una calamità naturale. Abbiamo perso, manco a dirlo. Ecco dopo Boca – River partita persa terribilmente, mi sono bastate un paio di birre per buttarmi alle spalle quella sonora sconfitta. Dopo Livorno – Tau avevo bisogno urgente di un bravo psicologo. Almeno mi sono ricordato cosa vuol dire tifare Livorno. E tifare Livorno è bellissimo.
Tra pochi giorni ci giochiamo la serie D. Lo so, messa così pare più una punizione che una conquista ma dopo essere stati pugnalati alle spalle dal killer con l'impermeabile giallo possiamo chiamarla una delle più grandi conquiste della storia amaranto.
Un campionato che si doveva vincere con il sigaro in bocca e i piedi in bagnasciuga e che invece si è trasformato come nelle migliori tradizioni nel girone dell'inferno dantesco. Perché se ti chiami Livorno puoi perdere in casa con Figline e Tau agli spareggi promozione, perché se ti chiami Livorno di facile nella vita non avrai niente, nemmeno se giochi al "gabbione" contro i pensionati dei Bagni Lido puoi stare tranquillo. Forse è questo che mi spinge a tifare Livorno, il doversi conquistare tutto, il fatto che nessuno ti regala niente e la costante impressione di essere una squadra di operai con l'ansia di un rinnovo contrattuale. Non importa la categoria, tifare Livorno è la massima rappresentazione teatrale di com'è dura e a volte ingiusta la vita.
Dicono che è solo un gioco, dicono che il calcio è per persone superficiali. Possono avere anche ragione. Ma come potrei spiegare cosa si prova a stare in mezzo alla curva senza aver letto almeno una volta Moby Dick e immedesimarsi nel capitano Achab? Oppure trovare le parole per descrivere l'amore per la maglia così simile alla storia tra Luis Sepúlveda e sua moglie Carmen Yáñez? O ancora come spiegare cosa significa realizzare il sogno di un riscatto sociale così simile alle righe scritte da Eduardo Galeano?
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. È solo una delle tante partite di calcio, è solo eccellenza. Eppure sento qualcosa dentro, un qualcosa che nemmeno lo stadio più bello del mondo è riuscito a farmi sentire. Sì, perché quella era soltanto una partita.
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Re: Pomezia-Livorno
Brividi !Fabio ha scritto: ↑ven 17 giu 2022, 11:17 Articolo meraviglioso scritto sulla pagina Masochismo Amaranto dell'amico Daffodil
Da un articolo del masochista più fedele, Gabriele B :
Pomezia è un comune italiano di 61.276 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Si tratta di una città di fondazione nel periodo fascista, che prevedeva la costruzione a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, l'ufficio postale, la scuola) e così via.
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. Non seguivo la squadra della mia città da tanto tempo. L'ultima volta in trasferta ero in Francia, uno dei viaggi di ritorno più belli di sempre (sì, anche più bello di Piacenza). Io che avevo vissuto svariati viaggi di ritorno inquietanti, sempre in bilico tra la scomodità e l'amarezza. Ne ricordo tre su tutti. Un lunedì sera di ritorno dallo stadio Conero di Ancona e al mattino successivo con il compito di matematica alla prima ora, un viaggio intero a dormire nel bagno di un treno regionale di ritorno da Genova perché sprovvisto di biglietto e la nave in balia delle onde che da Palermo puntava incerta verso il porto di Livorno.
Pomezia dista circa 330 chilometri da Livorno e il problema della trasferta non è mai l'andata in particolar modo se indossi la sciarpa amaranto al collo. Il problema è come sopravvivere al ritorno. Questo lo devi tenere sempre ben presente. La mia penultima partita vista dal vivo è stata un “Clasico” del campionato argentino Boca-River nella "12", il settore dei tifosi del Boca, allo stadio “Alberto José Armando”, meglio noto come La Bombonera. In realtà non ho visto un solo minuto di partita, cantavo e saltavo e cantavo ancora contro le “galline” bianco rosse: "River decime que se sienteeeeeeeee ...”. Dopo questa esperienza mistica nel tempio del Sommo Poeta Diego Armando Maradona, pensavo che non avrei mai più avuto il coraggio di salire ancora una volta i vecchi gradoni del Picchi. Mi sbagliavo. Livorno – Tau è entrata nella mia vita come una calamità naturale. Abbiamo perso, manco a dirlo. Ecco dopo Boca – River partita persa terribilmente, mi sono bastate un paio di birre per buttarmi alle spalle quella sonora sconfitta. Dopo Livorno – Tau avevo bisogno urgente di un bravo psicologo. Almeno mi sono ricordato cosa vuol dire tifare Livorno. E tifare Livorno è bellissimo.
Tra pochi giorni ci giochiamo la serie D. Lo so, messa così pare più una punizione che una conquista ma dopo essere stati pugnalati alle spalle dal killer con l'impermeabile giallo possiamo chiamarla una delle più grandi conquiste della storia amaranto.
Un campionato che si doveva vincere con il sigaro in bocca e i piedi in bagnasciuga e che invece si è trasformato come nelle migliori tradizioni nel girone dell'inferno dantesco. Perché se ti chiami Livorno puoi perdere in casa con Figline e Tau agli spareggi promozione, perché se ti chiami Livorno di facile nella vita non avrai niente, nemmeno se giochi al "gabbione" contro i pensionati dei Bagni Lido puoi stare tranquillo. Forse è questo che mi spinge a tifare Livorno, il doversi conquistare tutto, il fatto che nessuno ti regala niente e la costante impressione di essere una squadra di operai con l'ansia di un rinnovo contrattuale. Non importa la categoria, tifare Livorno è la massima rappresentazione teatrale di com'è dura e a volte ingiusta la vita.
Dicono che è solo un gioco, dicono che il calcio è per persone superficiali. Possono avere anche ragione. Ma come potrei spiegare cosa si prova a stare in mezzo alla curva senza aver letto almeno una volta Moby Dick e immedesimarsi nel capitano Achab? Oppure trovare le parole per descrivere l'amore per la maglia così simile alla storia tra Luis Sepúlveda e sua moglie Carmen Yáñez? O ancora come spiegare cosa significa realizzare il sogno di un riscatto sociale così simile alle righe scritte da Eduardo Galeano?
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. È solo una delle tante partite di calcio, è solo eccellenza. Eppure sento qualcosa dentro, un qualcosa che nemmeno lo stadio più bello del mondo è riuscito a farmi sentire. Sì, perché quella era soltanto una partita.
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Quando scenderai
in campo un grido
s' alzera' nel cielo
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Re: Pomezia-Livorno
mediano ha scritto: ↑gio 16 giu 2022, 22:39Io le chiamerei BECCHE E CONTENTE....Jobbe ha scritto: ↑gio 16 giu 2022, 19:55Era stato detto che "VEDOVE" non è il termine da utilizzare... Non esistono vedove.pottineamorte ha scritto: ↑gio 16 giu 2022, 18:36
Da scolpire nel marmo. È questo che tante vedove del genovese non riescono a mettersi nel ceppi'one.
OK. Allora chiamiamole "PROMESSE SPOSE ABBANDONATE SULL'ALTARE".
Oppure "SEDOTTE E ABBANDONATE".
Te si che sai giudicare le persone

La vita è quella malattia inguaribile che inevitabilmente conduce alla morte
- neuromante
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Re: Pomezia-Livorno
grande Daffo più che un masochista se un artista
Re: Pomezia-Livorno
Daffo mi tocca ripere i complimente che ogni volta ti vengono rivolti.
Ma te li meriti tutti.
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La vita è quella malattia inguaribile che inevitabilmente conduce alla morte
- Pippoamaranto87
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Re: Pomezia-Livorno
ConcordoBALDOeFIERO ha scritto: ↑ven 17 giu 2022, 11:45 Bellissimo.
I NON tifosi del Livorno non sanno cosa vuol dire essere tifosi del Livorno. Per questo non sanno cosa si perdono.
E non ci interessa dove giocherai alza gli occhi e ci saremo noi 
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Re: Pomezia-Livorno
No vabbè 90 minuti di applausi!!!Fabio ha scritto: ↑ven 17 giu 2022, 11:17 Articolo meraviglioso scritto sulla pagina Masochismo Amaranto dell'amico Daffodil
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Pomezia è un comune italiano di 61.276 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Si tratta di una città di fondazione nel periodo fascista, che prevedeva la costruzione a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, l'ufficio postale, la scuola) e così via.
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. Non seguivo la squadra della mia città da tanto tempo. L'ultima volta in trasferta ero in Francia, uno dei viaggi di ritorno più belli di sempre (sì, anche più bello di Piacenza). Io che avevo vissuto svariati viaggi di ritorno inquietanti, sempre in bilico tra la scomodità e l'amarezza. Ne ricordo tre su tutti. Un lunedì sera di ritorno dallo stadio Conero di Ancona e al mattino successivo con il compito di matematica alla prima ora, un viaggio intero a dormire nel bagno di un treno regionale di ritorno da Genova perché sprovvisto di biglietto e la nave in balia delle onde che da Palermo puntava incerta verso il porto di Livorno.
Pomezia dista circa 330 chilometri da Livorno e il problema della trasferta non è mai l'andata in particolar modo se indossi la sciarpa amaranto al collo. Il problema è come sopravvivere al ritorno. Questo lo devi tenere sempre ben presente. La mia penultima partita vista dal vivo è stata un “Clasico” del campionato argentino Boca-River nella "12", il settore dei tifosi del Boca, allo stadio “Alberto José Armando”, meglio noto come La Bombonera. In realtà non ho visto un solo minuto di partita, cantavo e saltavo e cantavo ancora contro le “galline” bianco rosse: "River decime que se sienteeeeeeeee ...”. Dopo questa esperienza mistica nel tempio del Sommo Poeta Diego Armando Maradona, pensavo che non avrei mai più avuto il coraggio di salire ancora una volta i vecchi gradoni del Picchi. Mi sbagliavo. Livorno – Tau è entrata nella mia vita come una calamità naturale. Abbiamo perso, manco a dirlo. Ecco dopo Boca – River partita persa terribilmente, mi sono bastate un paio di birre per buttarmi alle spalle quella sonora sconfitta. Dopo Livorno – Tau avevo bisogno urgente di un bravo psicologo. Almeno mi sono ricordato cosa vuol dire tifare Livorno. E tifare Livorno è bellissimo.
Tra pochi giorni ci giochiamo la serie D. Lo so, messa così pare più una punizione che una conquista ma dopo essere stati pugnalati alle spalle dal killer con l'impermeabile giallo possiamo chiamarla una delle più grandi conquiste della storia amaranto.
Un campionato che si doveva vincere con il sigaro in bocca e i piedi in bagnasciuga e che invece si è trasformato come nelle migliori tradizioni nel girone dell'inferno dantesco. Perché se ti chiami Livorno puoi perdere in casa con Figline e Tau agli spareggi promozione, perché se ti chiami Livorno di facile nella vita non avrai niente, nemmeno se giochi al "gabbione" contro i pensionati dei Bagni Lido puoi stare tranquillo. Forse è questo che mi spinge a tifare Livorno, il doversi conquistare tutto, il fatto che nessuno ti regala niente e la costante impressione di essere una squadra di operai con l'ansia di un rinnovo contrattuale. Non importa la categoria, tifare Livorno è la massima rappresentazione teatrale di com'è dura e a volte ingiusta la vita.
Dicono che è solo un gioco, dicono che il calcio è per persone superficiali. Possono avere anche ragione. Ma come potrei spiegare cosa si prova a stare in mezzo alla curva senza aver letto almeno una volta Moby Dick e immedesimarsi nel capitano Achab? Oppure trovare le parole per descrivere l'amore per la maglia così simile alla storia tra Luis Sepúlveda e sua moglie Carmen Yáñez? O ancora come spiegare cosa significa realizzare il sogno di un riscatto sociale così simile alle righe scritte da Eduardo Galeano?
Arriverà domenica, arriveranno le quattro del pomeriggio, sarà dannatamente caldo. È solo una delle tante partite di calcio, è solo eccellenza. Eppure sento qualcosa dentro, un qualcosa che nemmeno lo stadio più bello del mondo è riuscito a farmi sentire. Sì, perché quella era soltanto una partita.
Questo è amore.
Questa è eccellenza.
E non ci interessa dove giocherai alza gli occhi e ci saremo noi 