Più vecchio di tanti di voi lo ricordo come terzino non fluidificante (che era Facchetti) nel'Inter di Picchi e di Herrera che vinse tutto. All'epoca, reo confesso, macchia nera nel mio curriculum calcistico, ero iuventino e ce l'avevo con l'Inter. In generale, come ora, ce l'avevo con chi vinceva sempre. Sarà masochismo, il mio.
Ma il ricordo più bello di questo friulano silenzioso ma roccioso in campo, poco abile con i piedi, ma difficile da superare, è quel gol casuale che rimise in piedi la partita più bella di tutti i tempi, quella che chi l'ha vista a 17 anni come me l'ha vissuta in modo particolare. Anche Martellini, dopo il 2 a 1 tedesco, disse che a quel punto l'unica speranza era quella di non essere sepolti dalla valanga germanica. Lui, invece, pareggiò e dopo Riva fece uno dei pochi capolavori messicani (troppo rarefatta l'atmosfera a quell'altitudine per il suo gioco fatto di scatti e progressione) facendoci credere che fosse finita. Ci volle poi la famosa azione di Bonimba e Rivera per mettere il sigillo finale.
In finale contro il Brasile il gol decisivo di testa di Pelè, quello del 2 a 1, fu proprio ai suoi danni. L'elevazione del brasiliano fu eccezionale e lo sorprese in uno dei suoi punti di forza.
Il suo Livorno era fortissimo in difesa, ma segnava con il contagocce e purtroppo gli 0 a 0 anche in casa furono quei risultati che ci impedirono di salire.
I giochi non erano ancora fatti. Avremmo dovuto patire tanto e poi tanto fino a quell'indimenticabile 28 aprile 2002.
Ripensare a quel giorno oggi...
Sì, sono proprio masochista.