In una domenica semiprimaverile, il Livorno si presenta a Ponsacco per dare continuità ai recenti risultati positivi e tornare alla vittoria in trasferta che manca ormai da settembre.
Si gioca in un ex campo di patate con la consistenza del cemento armato, circondato da una rete per polli arrugginita e da tribunette in tubi innocenti. C’è da chiedersi come un tale scempio possa definirsi stadio, ma soprattutto come possa essere omologato per la serie D.
Gli abitanti del posto, ex mobilieri benestanti spazzati via da Ikea, ci aspettano nervosi, come se fosse arrivato il Diavolo e i giovanotti in campo sono ovviamente pronti alla battaglia della vita.
La formazione amaranto è decimata da infortuni, squalifiche e, ultima in ordine di apparizione, dall’influenza e quindi scende in campo un undici rabberciato, che dovrà fare di necessità virtù. Davanti a Bagheria il trio di difesa è formato da Fancelli, Giampa e Russo; sulle fasce Camara e Giuliani; in mezzo al campo Mazzucca, Bruzzo e Neri, a sostegno delle due punte El Bakthaoui, Lucatti.
Non ci addentreremo in analisi tecnico-tattiche perché non abbiamo assistito ad una partita di calcio, ma ad un batti e ribatti perpetuo, dove la palla ha trascorso più tempo in aria che non a rotolare per terra.
I nostri ragazzi hanno avuto il merito di adeguarsi alla bagarre senza subire il clima da corrida dei pisani di provincia, mentre gli avversari si sono limitati a dispensare pedate e colpi vari a destra e sinistra, con la complicità dell’arbitro che ha permesso qualsiasi scorrettezza, senza ammonire ed espellere chi era meritevole di sanzioni, se non alla fine quando non serviva più a nulla.
Il Livorno è anche riuscito a passare in vantaggio, nel secondo tempo, con il primo gol del marocchino El Bakhtaoui, salvo poi vedersi sfuggire la vittoria sull’unico tiro in porta degli avversari, a seguito di un calcio d’angolo regalato dal segnalinee sette minuti dopo.
Ai giocatori non ci sentiamo di rimproverare niente, considerate le premesse hanno fatto il massimo. Il problema è che il massimo di questa squadra, non è sufficiente per vincere partite del genere. I dirigenti prendano nota per apportare i doverosi correttivi alla rosa in ottica futura, in modo che si possa uccidere il prossimo campionato.
I cinquecento arrivati da Livorno tornano a casa con l’amaro in bocca, per l’ennesima volta beffati su un campo ignobile da una squadra di fabbri.
Verrebbe quasi voglia di mollare tutto e trascorrere domeniche più serene, magari al solicchio sul lungomare, sorseggiando un bel ponce a vela e aspettando tempi migliori. Ma noi siamo livornesi e sappiamo che i traguardi li dobbiamo guadagnare attraverso la sofferenza e ingoiando bocconi velenosi.
Quindi non vediamo l’ora di essere a domenica prossima, sui gradoni del Picchi, per sostenere i nostri colori fino alla fine.
Forza Livorno, sempre.