Spinelli, Livorno ti Odia(va)

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Si chiude così, un giovedì pomeriggio di agosto, la storia di Spinelli al timone del Livorno Calcio.

Cala il sipario su un ventennio di gestione sconclusionata, improvvisata, fatta di personaggi da operetta, capitanata da un self made man, che strada facendo, ha scambiato la nostra maglia per uno sfizio personale ed una società rappresentativa di una città per una discarica a cielo aperto.

Se ne vanno questi presunti intenditori di calcio che per vincere le partite preferivano affidarsi a Kway e seggiolini gialli, piuttosto che a direttori sportivi navigati o punte da 20 goal a campionato. Ci salutano padre e figlio, stessa faccia inespressiva da scarsi giocatori di poker e stessa arroganza da riccastri con la puzza sotto al naso.


Io c’ero quel giorno di marzo quando il famoso Aldo da Genova firmò l’accordo con il rimpianto Achilli per rilevare il Livorno. Ero sulle scale del Comune ad aspettare la lieta novella, poi di volata all’Ardenza perché era giorno di partita in posticipo, per partecipare insieme ad altri 10mila fratelli livornesi all’inizio di una nuova storia.

Oggi invece festeggio l’addio dei nostri giustizieri in solitudine, senza clamori, accompagnato nel mio brindisi virtuale dai compagni del Forum. Festeggio la sparizione del mio, del nostro Livorno, ma non la sua morte.

Da stasera si torna a ragionare di futuro, parola che era scomparsa dai nostri vocabolari nell’era del tizio venuto dalla Liguria. Con lui si parlava solo della contingenza, dell’oggi: mai un progetto, mai un orizzonte verso cui protendersi. Da oggi si rinasce.

Servirà tempo, ci vorrà pazienza, ma siamo liberi. Liberi dai Signorelli, dagli Orsi, dai Mutti, dai Genevier, dai Viviani, dal gran professionista Pinsoglio.

Potrei continuare fino a Natale, ma è tutto inutile perché le conseguenze delle scelte al ribasso del peggiore presidente della nostra storia sportiva sono sotto gli occhi di tutti: retrocessi, poi retrocessi con vergogna, poi retrocessi con infamia e per finire in bellezza spariti, sommersi dai debiti e in mano a gente forse peggiore di lui.

Ha provato ad umiliarci e a mettere in mezzo il sindaco; ha detto tutto ed il suo contrario, pensando che fossimo qui a pendere dalle sue labbra e a tendere la mano per non cadere nel burrone.

Invece no Aldo, guardaci. Siamo ancora in piedi, sorridenti e pieni di voglia. Ti lasciamo ai tuoi piagnistei, alla tua avarizia, alle tue palanche, ai tuoi poker coffee e ai tuoi bagni di sangue, consapevoli che non bastano un grasso conto in banca né una barca a Montecarlo per essere un Signore.

Ci hai fatto sparire, ma non siamo morti. Speriamo di non sentire più parlare di te. Addio.