A noi livornesi lo sport piace parecchio, non facciamo distinzioni di sorta: che si tratti di pallavolo o calcio, tennis o basket, padel o freccette, state pur certi che troverete sempre almeno un gruppo di amici che organizza una partita.
Del resto, il nome della nostra città compare da protagonista negli annali di tutti gli sport principali.
Per restare alla stretta attualità, Filippo Volandri è il CT della squadra nazionale di tennis, Giorgio Chiellini è il capitano della nazionale di calcio campione d’Europa, Max Allegri è l’allenatore italiano più vincente degli ultimi anni ed un plotone di giovanotti nostri concittadini, prenderà parte alle prossime Olimpiadi, cercando di replicare le epiche imprese di Nedo Nadi (ben 5 medaglie d’oro in un’unica edizione nella scherma nel ’20) o degli Scarronzoni (2 medaglie d’argento nel canottaggio nel ’32 e nel ’36).
E si potrebbe stare qui un giorno intero a parlare di campioni sportivi (Fabrizio Mori, Giulia Quintavalle, Aldo Montano …) e ce ne dimenticheremmo sempre qualcuno.
Ma c’è uno sport nel quale siamo veramente imbattibili, uno sport particolare nel quale siamo i veri maestri incontrastati: l’Autocritica feroce.
A Livorno, di qualunque argomento si parli, alla fine del discorso ci siamo attribuiti almeno il 75% delle responsabilità di ciò che non funziona. Il livornese, per i livornesi, non fa mai abbastanza e se comunque fa qualcosa, poteva farlo prima; e se lo fa per tempo poteva farlo meglio. Una catena di colpe di cui non si vede la fine, non ci assolviamo mai, non ci perdoniamo niente.
Prendiamo questi ultimi mesi nei quali le vicende del Livorno Calcio sono state un susseguirsi di tragedie sportive senza precedenti. Se si trattasse di un libro giallo sarebbe un’opera di quarta serie, una di quelle dove a pagina 5 scopri già che il colpevole è il maggiordomo.
Nel nostro caso il maggiordomo veste di giallo, mangia “Poker Coffee” e risponde al nome di Aldo Spinelli. È questo signore venuto da Genova che ha ridotto in cenere un sogno collettivo, una passione popolare, un motivo di aggregazione tra fratelli, uniti da un colore e una sola bandiera.
Solo e soltanto lui ha scientemente sbriciolato l’Amaranto un pezzo dopo l’altro, ma se leggete le pagine del nostro forum (a proposito: fatelo e vi divertirete e magari vi verrà voglia di dire la vostra) vi capiterà di pensare che il povero Aldo, sia solo uno degli artefici della disfatta e che la responsabilità debba essere divisa con un intero popolo di inetti: i livornesi, per l’appunto.
Non abbiamo protestato abbastanza. Non siamo stati uniti. Bisognava chiamare la Guardia di Finanza. L’unico che ha fatto qualcosa è il Sindaco che oltretutto è stato lasciato solo e a cui è mancato il supporto. Le poche proteste sono arrivate tardi. Eravamo pochi. Poco rumorosi. Anche Livorno Popolare è rimasta sola. Bisognava andare a Genova prima. Cosa vuoi che siano 3 striscioni. E via e via e via.
Una litania che generalmente termina con la stoccata finale che non lascia spazio ad alcuna replica: « Vedrai se c’erano i livornesi di una volta! ».
Questi livornesi di una volta aleggiano sulle nostre teste come fantasmi irrequieti, sempre pronti a ricordarci che ci siamo rammolliti e siamo solo l’ombra del fiero popolo che fu. Siamo proprio sicuri? Che cosa avremmo potuto fare di diverso o in più? Se ci guardiamo intorno che cosa vediamo? Da chi possiamo prendere esempio?
Spostiamoci di poco, una ventina di km verso nord. In riva al fiume abitano quelli che per cacciare un proprietario truffaldino, si sono avvalsi della collaborazione di capellute star televisive e presidenti di Lega accondiscendenti (avendo però come slogan « Pisa non si piega »).
Hanno fatto irruzione in casa di una signora (ex proprietaria del club), reclamando prestiti a fondo perduto e dulcis in fundo, hanno bloccato la stazione dei treni nel giorno dei funerali di Stato per le vittime del terremoto. Il tutto senza mai avere il minimo dubbio sul fatto di essere i migliori del mondo, pompati da stampa e televisioni cittadine.
Sono questi gli esempi da seguire? Non crediamo proprio. Sarebbe fantastico se trovassimo la Macchina del Tempo, così da essere catapultati 60 anni indietro, al tempo dei livornesi veraci, magari in piazza Cavallotti, nel bel mezzo di una qualche discussione accesa su un argomento sensibile: elezioni, campionato, una roba del genere.
Ci piacerebbe metterci in disparte ed ascoltare. Secondo voi come finirebbe?
Vedrai se c’erano i livornesi di una volta!